mercoledì 18 marzo 2009

La maledizione sull'Africa


Buongiorno Sig. Ratzinger,

mi rivolgo a lei in tono formale rifiutando però di utilizzare appellativi quali, Santo Padre o Papa in quanto non sono credente.
Ho letto sui giornali, e ho visto sulle TV il suo intervento sull'aereo diretto alla visita in Africa. Sono rimasto allibito dalle sue parole, dettate da una bieca credenza religiosa priva di ogni anche minimo fondamento scientifico.

Si rende conto che lei, con le sue dichiarazioni, ha mandato a morte milioni di persone in pochi secondi?

Quanti seguendo ciò che ha detto, non utilizzeranno il preservativo e aumenteranno a dismisura il numero di contagiati?
Quante madri l'ascolteranno e moriranno tra atroci sofferenze, non potendosi pagare le cure, e lasceranno figli orfani senza cibo?
Quanti bambini figli di madri attente alle sue parole, nasceranno malati e quindi condannati a morte certa?

Signor Ratzinger si è fatto queste domande pima di parlare? Prima di pronunciare le sue sentenze di morte, prima di maledire il popolo africano.

Le parole pronunciate da lei hanno un peso immensamente superiore, putroppo, rispetto a ciò che può dire un comune cittadino, come me o altri, ma questo non è solo un potere è anche una responsabilità. Il seguito di persone che credono, ahime, in lei è anch'esso immenso, milioni di individui. Questo si accompagna ad una pesante responsabilità: lei con queste sue parole, in un paese con le percentuali di malati di AIDS come l'Africa, ha portato al patibolo queste persone, gli ha uccisi tra le atroci sofferenze che forse lei auspica, per fargli guadagnare il paradiso dell'altro mondo, ma a loro e a noi questo paradiso poco importa.
Lei gli ha solo e semplicemente uccisi, massacrati, con un'intervista su un costoso aeroplano trasformato per l'occasione in angelo della morte.




venerdì 13 marzo 2009

Un paese criminalmente organizzato

giovedì 12 marzo 2009

Processo ad un uomo, processo all'Italia





Il processo Andreotti è stato, non a torto, uno dei più importanti processi italiani del secolo scorso, un processo al nostro sistema politico, lo Stato che processa se stesso. E' forse la prova regina del fatto che la nostra costituzione ci garantisce una magistratura, in teoria, libera che può permettersi di opporsi alla classe politica: la separazione dei poteri.
Ho scoperto leggendo il libro di Bruno Tinti, La questione immorale, che questa netta divisione dei poteri, questa indipendenza, regalo dei nostri padri costituenti, non è caratteristica comune ad altri paesi, anzi è rara nei paesi europeri e in generale nel mondo.
La nostra Costituzione, figlia della nostra resistenza, pagata a caro prezzo con il sangue, è veramente un esempio di altissima giurisprudenza, migliore di ciò che possiedono tutti i paesi europei.
Purtroppo l'alta vetta toccata dai componenti della costiutente nel dopoguerra è stata rapidamente abbandonata, fin da subito, se si pensa che Andreotti è in politica fin da allora. Lui è l'icona più rappresentativa della politica italiana degli ultimi 50 anni, è il simbolo di ciò che è stata l'Italia in quegli stessi anni: una democrazia immatura, piena di compromessi e collusioni, corrotta fino al midollo, uno stato criminalmente organizzato se mi si passa il termine. Ed è questo stato che il processo Andreotti ha giudicato, con esiti devastanti.
Contrariamente a ciò che comunemente si pensa la sentenza non è assolutamente di assoluzione ma di "condanna prescritta": accerta collusioni, incontri, patti segreti tra uomini di stato e criminalità organizzata, fatti che presto fanno sbiadire i confini tra le due entità. Lo stato e la mafia appaiono indistinti, contigui in quella che può essere intesa come una trasversale gestione del potere politico mafioso. Un "Ritorno del Principe" di Macchiavellli come ha efficacemente scritto Roberto Scarpinato, un autore che questo sistema l'ha toccato da vicino nella sua attività professionale di magistrato.
Il processo Andreotti è stato il manifesto più efficace di questa realtà, che si svela e si rende conprensibile leggendo i suoi atti o le analisi fatte da Caselli, ben lontane dalle assoluzioni di ordinanza fatte nei salotti televisivi di Vespa.