Il nostro muro
Giorgio Bocca, forse il più grande giornalista italiano vivente, sull'ultimo numero dell'Espresso ha analizzato con il suo consueto stile rude gli episodi di connivenza tra mafia e stato degli anni 90. Citando nomi e cognomi Bocca afferma quello che dovrebbe essere noto e ormai comprensibile a tutti:
le organizzazioni criminali sono parte integrante della struttura di controllo delle regioni del Sud.
Questa integrazione è stata costruita negli anni della guerra fredda, anni in cui le Mafie hanno garantito il controllo dei voti del sud, arginando il pericolo comunista. Questa loro funzione, messa in atto dalla Democrazia Cristiana, era conosciuta, tollerata e favorita dall'alleato americano ed ha mantenuto la sua utilità fino alla caduta del muro nell'89. Una connivenza che ha permesso un Sud medioevale, sprofondato nella violenza delle guerre di Mafia degli anni 70 e 80 similmente al Cile di Pinochet. Una connivenza che è stata causa di omicidi eccellenti, primo tra tutti il Generale dalla Chiesa, inviato in Sicilia per combattere il fenomeno mafioso senza reali poteri, come fosse una vittima sacrificale alla superiore ragion di Stato. Abbiamo avuto anche noi il nostro muro di Berlino che ha diviso anche il nostro paese in modo del tutto simile a quanto è accaduto in Germania. Questo muro è stato costruito quasi contemporaneamente al muro tedesco negli anni 60, meno famoso perché non visibile come reale struttura architettonica ma solo come confine tra due paesi, una linea che divide due mondi visibilmente diversi: capitalista e industrializzato l'uno, povero e sottosviluppato l'altro; democratico l'uno, in mano ad una organizzazione antitemocratica, criminale, violenta l'altro. Il loro muro è caduto nell'89 il nostro ha vacillato ma è stato subito ristrutturato e ridipinto di nuovi colori ed è ancora in piedi.
Dopo l'89 questa simbiosi tra Stato e Mafie ha perso la sua ragion d'essere, anzi l'esistenza stessa delle Mafie è divenuta indigesta all'alleato americano e alla nascente Unione Europea che hanno sollecitato una più incisiva legistazione da parte dell'Italia. La Mafia si è sentita braccata, senza punti di rifermento internazionali e locali, decimati questi ultimi dalle indagini di Mani Pulite, ed ha reagito in modo violento facedo sentire il suo peso militare. A questo punto lo Stato poteva annientare il fenomeno mafioso ma ha preferito scendere a patti instaurando trattative, cercando l'accordo, rinnovando il patto lateranense di connivenza. Il nuovo patto ha dato i suoi frutti, i suoi pargoli sono stati i nuovi referenti politici, che hanno conquistato il potere, forti del controllo mafioso sempre eccellente della popolazione del Sud.
Giorgio Bocca ha crudemente analizzato questi atti, nulla più, cose note che fanno parte della nostra storia. Sono quindi inutili e dannose le polemiche che sono seguite al suo breve articolo sull'Espresso. Dannose perché cercano di gettare fango sulla verità, inutili perché tale verità è destinata a venire a galla dopo i recenti sviluppi e la riapertura del caso sull'omicidio Borsellino.
Sembra quasi che alla stregua delle stragi dell 92 ora vengano schierate le truppe di giornalisti per dar contro a chi mina il sistema rivelando le scomode verità. Non mettiamo bombe ma isoliamo e distruggiamo con le corazzate obbedienti di carta stampata, che all'unisono tuonino, bombardino e annientino chi fu Partigiano allora e lo è anche oggi.
P.S: un'analisi accurata di queste vicende è stata fatta da Roberto Scarpinato nel suo meraviglioso libro Il ritorno del principe.
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